Noi
comuniste e comunisti ci riconosciamo nell’analisi e negli
obiettivi fissati nell’APPELLO
CONGIUNTO PER LE ELEZIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO[i]
promosso nell’ambito del GUE a Bruxelles da PCP (Portogallo), AKEL
(Cipro) e PCE (Spagna), a cui hanno aderito il PRC e il PdCI per
l’Italia ed altre forze comuniste e di sinistra europee come il
PCF, Izquierda Unida, il Partito Comunista di Boemia e Moravia, Die
Linke, il Bloco de Esquerda portoghese e altri.
Come
afferma questo appello, siamo convinti infatti chel’Unione
Europea (UE) sta attraversando una profonda crisi in quanto
espressione del sistema capitalista e delle sue contraddizioni.
Una crisi approfondita dalle politiche di decenni a favore del grande
capitale, della finanziarizzazione dell’economia, della
circolazione incontrollata dei capitali, della liberalizzazione dei
mercati, delle privatizzazioni, degli attacchi ai servizi pubblici,
della crescente accumulazione di capitali e dell’incremento dello
sfruttamento.
Queste
politiche sono state promosse tanto dalle forze politiche della
destra e dell’estrema destra, così come dai partiti dalla
socialdemocrazia. E continuano oggi anche coi governi di “unità
nazionale” o delle “larghe intese”, tra i partiti del PPE e
quelli del PSE, in quei paesi dove il consenso per le classi
dominanti non è sufficiente per imporre le politiche di austerità.
Per lo stesso motivo si blindano le democrazie fin qui conosciute in
forme neo-autoritarie e con leggi elettorali sempre più
antidemocratiche.
A
tutela degli interessi del grande capitale finanziario e contro la
democrazia, scendono in campo direttamente le grandi banche
d’interesse (come la statunitense JP Morgan) che chiedono
esplicitamente la cancellazione delle Costituzioni antifasciste di
paesi come Italia, Spagna, Grecia e Portogallo considerando queste
Costituzioni un ostacolo all’integrazione economica capitalista in
quanto garantirebbero un’eccessiva tutela ai diritti dei
lavoratori.
L’Unione
Europea ha ormai dimostrato la sua natura di mera integrazione
monetaria tra le potenze capitaliste dell’area, funzionale solo
agli interessi dei maggiori gruppi monopolisti. Così come la crisi
del capitalismo mette in evidenza i limiti storici del sistema, la
crisi dell’Unione Europea dimostra che l’UE non è riformabile
nella sua essenza, in quanto
struttura neoliberista e militarista.
Un’altra
Europa è possibile solo con un cambiamento radicale dei fondamenti
su cui la UE è stata costruita. La UE è infatti oggi un’istituzione
a-democratica in cui il Parlamento non ha nessun reale potere
esecutivo, poiché in cui le decisioni vengono prese in organismi non
eletti (anche se ora formalmente si eleggerà il presidente della
Commissione la sostanza non cambia) prima di essere imposte dai
governi nazionali sulle teste delle classi lavoratrici e dei popoli
dei paesi membri, e non solo.
La
UE è oggi solo un’istituzione necessaria al capitale finanziario
per tentare di limitare la concorrenza interna, a favore dei paesi
più forti, e per essere competitivi nei confronti delle altre
potenze mondiali. Sostanzialmente
si tratta di un’alleanza traballante tra imperialismi e
sub-imperialismi per i quali una vera confederazione sovra-statuale
risulta oggi “impossibile”, perché
non possono unirsi del tutto politicamente, per lo meno senza
l’imposizione di un dominio delle potenze più forti, ma
anche “reazionaria”,perché
le uniche due cose su cui riescono a trovare sintonia è l’attacco
alle masse salariate al proprio interno e il sostegno alle politiche
di ingerenza e guerrafondaie verso l’esterno, come dimostra il caso
del sostegno al golpe in Ucraina appoggiato da forze neo-naziste.
Come
sottolinea l’appello dei partiti comunisti e della sinistra
appartenenti al GUE, di fronte alla crisi l’UE
promuove il finanziamento delle grandi banche, la trasformazione del
debito privato in debito pubblico e il suo uso come strumento di
dominio economico e politico; scatenando una violenta offensiva
contro i diritti dei lavoratori e i diritti sociali e intensifica il
suo percorso neoliberista e militarista –
che è determinato dagli interessi dei grandi gruppi
economico-finanziari e dagli Stati dominanti.
Di
conseguenza, l’Unione Europea promuove la concentrazione del potere
politico nelle mani di un pugno di potenze, rafforza la mancanza di
democrazia, il predominio degli Stati dominanti e la divisione in
Europa tra un centro “ricco e
dominante” e una
periferia “impoverita e
dominata”.
Questa
offensiva impone una regressione sociale di proporzioni storiche, che
si riflette chiaramente nei tagli brutali a salari, pensioni e allo
stato sociale; nell’aumento della disoccupazione e del lavoro
precario – con conseguenze drammatiche per i giovani; in un accesso
sempre più restrittivo alla sanità, all’istruzione, al diritto
all’abitare; nell’incremento della povertà e dell’esclusione
sociale; nel trattamento degli immigrati come potenziali criminali.
Questa
offensiva, che è accompagnata da attacchi ai diritti sociali
conquistati e, spesso, sanciti nelle Costituzioni nazionali,
restringe altri diritti e libertà come i diritti sindacali, i
diritti di associazione, di manifestazione e di partecipazione
democratica. La democrazia, la sovranità nazionale, il diritto allo
sviluppo economico e sociale sono minacciati dai “memorandum
d’intesa” della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea
e del FMI, che incrementano lo sfruttamento e impongono relazioni di
tipo coloniale, fomentando le disuguaglianze e uno sviluppo
asimmetrico, e che portano ad istituzionalizzare e perpetuare il
processo di approfondimento dell’Unione Economica e Monetaria.
Sono
queste politiche che spianano la strada a nazionalismi reazionari, al
razzismo e alla xenofobia, alla rinascita di forze di estrema destra
e fasciste che furono sconfitte dalla lotta dei popoli nel XX secolo.
La
politica della UE conferma le sue ambizioni come blocco imperialista
politico-militare, subordinato alle politiche della NATO e, di
conseguenza, degli USA, sostiene l’interventismo militare, la corsa
agli armamenti ed è caratterizzata da un atteggiamento di dominio
nel mondo, come testimoniano i suoi specifici tipi di accordi
commerciali, le sue operazioni di ingerenza e aggressione contro
paesi sovrani e il recente Accordo Transatlantico sul Commercio e gli
Investimenti firmato tra gli Stati Uniti e l’UE.
I
problemi ambientali e di uno sviluppo sostenibile sono messi in
secondo piano, la UE promuove politiche che, mentre nascondono le
cause reali della crisi ambientale e impediscono una soluzione reale,
cercano di aumentare i benefici dei grandi gruppi economici.
Il
percorso della UE e delle sue politiche è consacrato nei suoi
differenti Trattati, nel “Patto di Stabilità”, nella strategia
“Europa 2020”, negli obiettivi della “Governance Economica”,
nelle linee guida del “Semestre Europeo”, nel Fiscal Compact,
tutti strumenti basati sulla deregolamentazione
economico-finanziaria.
Siamo
profondamente convinti che questa strada che si sta imponendo alla
classe lavoratrice e ai popoli non è inevitabile. Come dimostrato
nella realtà di altri continenti, i processi di cooperazione e
integrazione progressiva sono possibili, rispettando i diritti e le
aspirazioni dei popoli.
Noi
affermiamo che un diverso percorso è possibile per l’Europa. Il
primo passo in questa direzione è una rottura profonda con le
politiche della UE, con il neoliberismo e il militarismo e con la
concentrazione e centralizzazione del potere nelle mani del gruppo
delle grandi potenze.
Nel
nostro paese il governo Renzi-Alfano ha già dichiarato fedeltà
assoluta ai dettami della Troika e la prosecuzione delle politiche di
austerità col rispetto dei rigidi vincoli e parametri della UE.
Per
difendere posti di lavoro e salari, occorre quindi costruire un ampio
e duraturo movimento di lotta e disobbedienza contro i diktat della
BCE e i vincoli euro-monetaristi che stanno strozzando milioni di
lavoratori, di giovani precari, di disoccupati e di pensionati a
basso reddito.
Per
fare questo non servono aggregazioni politiche che ambiscano a fare
la “sinistra” del centrosinistra, sempre più puntello in Italia
e in Europa delle politiche della BCE. Al contrario – come in
Grecia, in Francia o in Portogallo –l’esistenza
e la visibilità di un partito comunista autonomo e la rottura con le
linee politico-economiche dei partiti del PSE sono la pre-condizione
per darsi un profilo realmente alternativo e
per la crescita di una forte coalizione della sinistra antiliberista
ed anticapitalista che chiuda la strada ai rigurgiti delle risposte
nazionaliste. Questo è possibile ponendo su un piano di solidarietà
internazionale la lotta per un’alternativa di sistema che non può
esistere dentro i rigidi vincoli monetaristi del sovra-nazionalismo
finanziario della BCE.
Come
sostiene l’APPELLO CONGIUNTO PER LE
ELEZIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO invitiamo
quindi i lavoratori e le lavoratrici, i giovani, le donne e in
generale i popoli degli Stati membri della UE a dare, nelle prossime
elezioni per il Parlamento europeo, un’espressione elettorale alle
forti lotte che stanno combattendo, condannando le forze politiche
che sono responsabili delle politiche antisociali e antidemocratiche
dell’UE e appoggiando chi, come i firmatari di questo appello, sono
accanto a loro nella lotta, per dare voce in Parlamento alle loro
aspirazioni, richieste e proteste e che rappresentano una reale
alternativa per l’Europa.
Vogliamo
portare una voce delle lotte nelle aule del Parlamento Europeo per
gridare la nostra opposizione alle politiche di massacro sociale e ai
meccanismi di dominio del capitale finanziario quali Fiscal Compact,
MES, Six Pack, Two Pack, TTIP e tutti i trattati-capestro decisi
nelle Commissioni europee e avallati dalla UE.
Per
favorire la ricomposizione di questo ampio fronte di resistenza
politica e sociale all’austerity, nel nostro paese sosteniamo da
comunisti e con le nostre parole d’ordine questi obiettivi nella
lista “L’Altra
Europa con Tsipras”.
Per
questi motivi chiediamo di appoggiare in questa lista, con un voto di
preferenza, le candidature che faranno sentire la presenza dei
comunisti e delle comuniste aderendo al GUE-NGL (la sinistra nel
parlamento europeo) e che si opporranno alle politiche dei governi
liberisti tanto del PPE che del PSE (di cui fa parte il PD),
indicando un’alternativa netta al modello dominante e contrastando
l’avanzata delle destre fasciste e reazionarie.
I
parlamentari europei eletti con la lista “L’Altra
Europa con Tsipras” non
possono e non devono aderire al gruppo del PSE, quello stesso
che ci ha imposto finora le politiche della BCE, spesso in cogestione
con il PPE, portando all’attuale catastrofe sociale.
Il
trasformismo ha già fatto abbastanza danni al movimento
comunista e alle classi lavoratrici italiane ed europee! Con il voto
di preferenza possiamo impedirlo!
Senza
nessuna ambiguità quindi votiamo la lista “L’Altra Europa con
Tsipras”:
-
per un partito comunista per l’oggi e per il domani,
- per i
candidati comunisti nella lista “L’Altra Europa con Tsipras”,
-
al Parlamento Europeo nel GUE e in alternativa a PPE e PSE,
-
contro le politiche liberiste della troika UE-BCE-FMI e i governi che
le sostengono.
Indichiamo
quindi la nostra preferenza unicamente per i candidati
comunisti presenti nella lista che possono garantire questa
posizione politica.