domenica 22 marzo 2015

ORGOGLIO D’ACCIAIO


Noi abbiamo sempre sostenuto che la nostra fabbrica doveva continuare a produrre acciaio mantenendo l'area a caldo, veramente ci ricordiamo che lo sosteneva che gran parte di questa città, compresa l'amministrazione.  Poi abbiamo accettato un altro tipo di produzione, il forno elettrico, perché è arrivato Rebrab e ha promesso anche una diversificazione economica ( logistica,  agro industriale,  sviluppi sul porto). Ora, per motivi evidentemente economici tutti interni, Cevital ripropone, insieme a tutto il resto, anche la riaccensione dell'altoforno. Noi avremmo voluto che su Piombino si intervenisse con finanziamenti statali ( come a Taranto) e non che si lasciasse in mano a un  bel padrone tutta la partita, perché adesso siamo nelle mani di questo volubile signore che sta rimandando giorno dopo giorno la presentazione di un piano industriale vero e dettagliato in cui si diano precise garanzie sulle modalità di riaccensione di un altoforno fermo da quasi 1 anno e garanzie di tutela dell'ambiente e di emissioni, perché non si pensi di fare un investimento approssimativo giusto per trovare una soluzione immediata a problemi di tipo economico. Quindi l'alto forno si riaccende, ma si riaccende utilizzando le  migliori tecnologie per una produzione di acciaio importante soprattutto dal punto di vista ambientale, perché  noi crediamo che alimentare un forno elettrico con la ghisa liquida, cioè calda,  prodotta direttamente in situ ci può portare ad un livello qualitativo notevole nel campo della produzione siderurgica e ci consentirà di avere un'acciaieria d'avanguardia a livello mondiale. Detto questo resta però un problemino: ad aprile finiscono i contratti di solidarietà e i lavoratori andranno in cassa integrazione; l'indotto rischia la mobilità o la NASPI,  sempre che venga concessa,  perché grazie ai cambiamenti della normativa sugli amortizzatori sociali,  per ottenerla bisogna aver lavorato almeno 30 giorni nell'ultimo anno e tanti lavoratori delle ditte non lo hanno fatto. Rossi annuncia ancora una volta che per Piombino è tutto a posto, adesso (ma fra quanto?) verrano realizzati investimenti sul porto, 400 posti di lavoro, si ma per chi? Per i lavoratori in cds o in cig o in mobilità,  per i 300 che restano fuori dall'operazione Cevital, per i lavoratori delle ditte come la Hasco Metal che dal 27 maggio sono a casa?  o saranno ditte specializzate esterne? Nell'attesa, noi non vogliamo distrarci da  ulteriori sirene, e vogliamo capire per quanto ancora si posticiperanno le scadenze per l'acquisto da parte di Rebrab. Il nostro volubile padrone bisogna che smetta di rimandare e presenti il piano industriale SUBITO, perché le persone mangiano tutti i giorni e non con i tempi che lui stabilisce. Che decida cosa fare da grande, i cittadini e i lavoratori non possono più aspettare. Quando, dagli annunci avremo finalmente un fatto concreto? E per fatto concreto noi intendiamo la riassunzione dei primi lavoratori dalla cds o  cig o altro, solo questo, per ora il resto fa volume.

Foto tratta da post :
Licenciement massif de travailleurs à Cevital

Massimo impegno e massima partecipazione per la manifestazione promossa dalla Fiom per il 28 marzo


Care compagne e cari compagni,

è chiara a tutti l'importanza della riuscita della manifestazione nazionale promossa dalla Fiom per il 28 marzo.
La manifestazione del 28 rappresenta il principale appuntamento per rilanciare, dopo lo sciopero generale di dicembre,  l'opposizione alle politiche del governo Renzi. 
Un obiettivo tanto più necessario dopo l'approvazione  dei primi decreti attuativi del Jobs Act, e mentre il governo va avanti nell' opera di distruzione del welfare, privatizzazione del residuo patrimonio industriale pubblico e dei servizi pubblici locali, attacco alla scuola, smantellamento della Costituzione e della democrazia. 

Come PRC abbiamo peraltro espresso la nostra condivisione all'obiettivo che la Fiom si é data di costruire una coalizione sociale per ricomporre la frammentazione del lavoro e della società,  con la convinzione che quel percorso possa positivamente interagire con la costruzione del soggetto politico unitario della sinistra antiliberista in cui siamo impegnati.

Invitiamo dunque tutte e tutti a contribuire con il massimo impegno alla riuscita della manifestazione.  
Per quel che riguarda i mezzi di trasporto per raggiungere Roma é possibile rivolgersi alle strutture territoriali della Fiom.
Per quel che riguarda le modalità di partecipazione alla manifestazione, l'indicazione é quella di portare le bandiere, stando distribuiti nel corteo con le realtà di lavoro e con i territori di provenienza,  come quasi sempre abbiamo fatto nelle manifestazioni sindacali.

Buon lavoro,

Roberta Fantozzi   Giovanna Capelli


domenica 8 marzo 2015

8 marzo, con le donne Curde in lotta!


 L‘8 marzo 2015, 104 anni dopo la proclamazione della Giornata Internazionale delle Donne, le donne di tutto il mondo combattono ancora contro il sistema di dominio patriarcale.
In ricordo delle lavoratrici tessili a New York che hanno perso la vita nella loro resistenza, in occasione della 2a Conferenza Internazionale delle Donne nel 1910 su proposta di Clara Zetkin è stata istituita la giornata dell‘8 marzo come simbolo per la lotta e la resistenza delle donne. Questo movimento e questo grido risuonano ancora nelle strade. La rivoluzione contro disuguaglianza, sessismo e ogni forma di violenza è arrivata fino a oggi e continua a difendere tutti i valori umani.
Come risultato della grinta e capacità delle donne nel 1977 l‘8 marzo è stato proclamato dall’ONU Giornata Mondiale delle Donne, ma nonostante questo non è riconosciuto in nessuno a livello ufficiale in alcuno degli stati membri. Oggi come allora le donne sono esposte a diverse forme di discriminazione e pensieri e azioni patriarcali. Più le donne ne prendono coscienza e più si organizzano, più aumenta la forza con la quale vengono sistematicamente attaccate. Gli attacchi contro le donne che si organizzano e lottano diventano sempre più profondi e si sviluppano in un femminicidio sistematico della cui esistenza non c’è consapevolezza e che non viene riconosciuto come tale. Questo femminicidio viene brutalmente portato avanti a livello mondiale, dall‘Europa fino all‘Africa, dal Medio Oriente fino all’America Latina. Contro le donne viene condotta una vera e propria guerra non dichiarata. Con lo sfruttamento e la violenza si mira a intimidire sistematicamente le donne come gruppo sociale. Senza dubbio le donne hanno fatto resistenza contro questi brutali attacchi, si sono organizzate e hanno portato avanti la loro lotta con costanza.
Attraverso la loro lotta che dura da secoli, le donne hanno ottenuto molti progressi che favoriscono anche l’estensione dei valori democratici e di libertà nell‘intera società. In parallelo si sono rafforzati la violenza e i crimini di guerra contro le donne ed è aumentata sempre di più la discriminazione e la lesione o l’assenza di diritti delle donne. Le donne sono vittime di cosiddetti “delitti d’onore”, vengono costrette a matrimoni forzati, stuprate, subiscono molestie sessuali, mutilazioni, vengono spinte al suicidio, schiavizzate e trattate come bottino di guerra. Attualmente gli attacchi contro il corpo, l’identità, il pensiero e i sentimenti delle donne in Medio Oriente vengono perpetrati in modo crudele da gruppi terroristici come IS. Colpiscono tutti i gruppi etnici e le comunità religiose che si oppongono alla loro ideologia, curde, turkmene, assire, armene, arabe, yezide curde, cristiane, sciite, kakai, alevite e molte altre.
Nel 21° secolo, il sistema patriarcale e il suo pensiero hanno ulteriormente perfezionato la loro politica di femminicidio. In Ucraina 400 donne sono state deportate come bottino di guerra, stuprate e assassinate. Nello Shengal nel Kurdistan del sud, oltre 3000
curde yezide sono state deportate e stuprate e vengono vendute nei mercati degli schiavi. Nel corso di un anno in Nigeria sono state assassinate almeno 350 donne e almeno 300 bambine e ragazze tra i dodici e i sedici anni sono state rapite dal gruppo terroristico Boko Haram. Il numero reale probabilmente è molto più elevato. Qui si tratta solo di tre esempi estremi che segnalano sviluppi a livello mondiale. Per le donne in questo mondo non esiste sicurezza. Per questo le donne devono più che mai provvedere alla propria protezione e organizzare la loro autodifesa.
È proprio questo che attualmente sta succedendo nel Rojava (espressione curda per il Kurdistan occidentale). Nei tre cantoni curdi dell’amministrazione autonoma nel nord della Siria le Unità di Difesa delle Donne YPJ combattono per la sicurezza delle donne e
dell’intera società. Le YPJ da mesi sono sulla linea del fronte nella difesa di Kobane contro gli attacchi delle bande di IS.
La lotta delle YPJ ha creato voglia di libertà e spirito di resistenza non solo a livello militare, ma anche nella coscienza sociale. Le YPJ conducono una lotta contro tutti i livelli di femminicidio. Come nel 1857 le 129 donne hanno perso la vita nella lotta come lavoratrici,
oggi le combattenti delle YPJ combattono senza esitazioni in modo deciso per i valori delle donne e per i valori dell’umanità intera. Non limitano la loro lotta contro il femminicidio a una sola giornata, ma con la loro lotta trasformano ogni giorno nell‘8 marzo. La loro lotta di
liberazione è allo stesso tempo un abbraccio alle donne di tutto il mondo.
In occasione dell‘8 marzo 2015 prendiamo coscienza degli attacchi contro le donne a Shengal, Mossul, Kirkuk, in Nigeria, a Gaza, in Ucraina e altrove considerandoli un femminicidio e facciamo vivere lo spirito di resistenza delle YPJ come difesa di tutte le donne in ogni luogo. Organizziamo la resistenza ovunque nel mondo le donne subiscano violenza. Diffondiamo insieme lo spirito di resistenza che ci unisce e ci rafforza contro ogni manifestazione del sistema di dominio patriarcale.
Per questo chiamiamo tutte le donne, iniziative e organizzazioni di donne a dedicare le loro manifestazioni e azioni per la Giornata Internazionale delle Donne alla rivoluzione delle donne nel Rojava e alla resistenza delle Unità di Difesa delle Donne YPJ.
Viva la solidarietà internazionale delle donne!
Resistenza vuol dire vita!
Jin Jiyan Azadî – Donne Vita Libertà
Rappresentanza Internazionale del Movimento delle Donne Curde


Tratto da un documento dei compagn* del PRC PARTINICO


immagine inserita da amministratore blog



lunedì 2 marzo 2015

SINTESI del Documento per la Conferenza di Organizzazione Prc 2015 / REGOLAMENTO IV CONFERENZA di ORGANIZZAZIONE NAZIONALE PRC 2015




A) Perché la Conferenza di Organizzazione?

A.1 Obiettivi della Conferenza

La ripresa del conflitto sociale, ma soprattutto la vittoria di Syriza e la forza con cui il governo greco si scontra con la Troika per la fine dell'austerità, apre una fase completamente nuova in cui il tema dell’uscita dalle politiche neoliberiste si pone per la prima volta dopo vent’anni sul tavolo dell’Unione Europea ed è diventato elemento di discussione a livello di massa.
ll compito del nostro partito è quello di essere una forza di avanguardia nell’organizzare la controinformazione, la solidarietà, per far maturare concretamente la consapevolezza che la lotta del popolo greco e quella del popolo italiano sono una lotta sola: la lotta dei popoli contro il neoliberismo e le élites politiche e finanziarie che le dirigono.
La Conferenza non ha l'obiettivo di conservare l'esistente, ma vuole rimodellare il Partito finora troppo ancora proiettato sulle scadenze elettorali e sulle presenze istituzionali in modo che il PRC sia strumento attivo e riconoscibile nel rafforzamento dell’opposizione all’austerità e al neo-liberismo, sia percepito dai lavoratori come uno strumento utile per le loro lotte e per la difesa dei loro diritti, e diventi evidente il contributo che esso porta nella costruzione della unità sociale e politica della sinistra antiliberista. Il nostro obiettivo è riunificare quello che il neoliberismo divide e per questo riteniamo che il nostro partito debba innanzitutto essere in grado di connettere i soggetti e i conflitti, di operare per la riunificazione della classe e l’elaborazione di una comune cultura della trasformazione sociale. Il Partito non deve rispondere solo alle necessità della fase, ma deve tenere anche aperta nella immagine pubblica, nella ricerca culturale e nel dibattito interno la prospettiva dell’alternativa di sistema, l'attualità e l'obiettivo della rivoluzione socialista in Occidente.

B) La lunga crisi capitalistica, le novità della fase e i nostri compiti

B.1 Gli effetti della crisi capitalistica
La lunga crisi “crisi costituente” ha distrutto diritti e “stato sociale”, ha aumentato povertà, disuguaglianze, ha prodotto frammentazione sociale, passivizzazione, solitudine e senso di impotenza. Renzi porta a compimento la rivoluzione conservatrice: disoccupazione strutturale di massa, precarizzazione del lavoro, totale distruzione del welfare, mercificazione dei bisogni, restrizione della democrazia sia nella sfera della rappresentanza che in quella dei diritti collettivi e individuali. La rapidità e la violenza con cui questi processi vengono imposti prefigurano, se non sapremo interromperli, una vera e propria emergenza umanitaria come quella che è in atto in Grecia.
In Italia più che altrove i processi che hanno accompagnato la globalizzazione hanno prodotto disgregazione e frammentazione del mondo del lavoro e quindi l’appannamento della coscienza di sé, l'interiorizzazione diffusa della ideologia della flessibilità e della competitività, l'annullamento dell’idea stessa della possibilità e della forza della lotta collettiva.
B.2 Il cambio di passo
Nell'autunno 2014 si rompe la tregua sociale. Per la prima volta la CGIL sciopera contro il “governo amico”, con a capo il segretario PD. La ripresa del conflitto sociale e della lotta di classe non solo apre una fase in cui si possono mutare i rapporti di forza ,ma anche costruire una soggettività che superi il senso di impotenza e di solitudine. Il quadro politico europeo favorisce oggi questa riconnessione fra sociale e politico, fra lotte di opposizione alle politiche di austerità e costruzione della soggettività politica dell’alternativa, perché si è aperta una possibilità concreta di fermare le politiche della Troika, a partire dalle elezioni in Grecia e dalla storica vittoria di Syriza. In questo senso la nostra linea politica, a partire dalla nostra collocazione nel Partito della Sinistra Europea, comincia a conseguire i suoi obiettivi passando per il risultato delle elezioni europee. L'assemblea di Bologna dell'Altra Europa con il documento “Siamo a un bivio” segna un elemento di avanzamento nella costruzione di questa sinistra di alternativa, interna al GUE alle sue rappresentanze parlamentari europee, che appartiene al campo del Partito della Sinistra Europea e apre un processo unitario delle forze antiliberiste senza pretendere la messa in discussione dei soggetti organizzati che vi aderiscono.
Questo processo è incompiuto, fragile, ancora indeterminato. La garanzia che tutto non si fermi, è che il nostro Partito abbia ben chiari i suoi compiti: costruire l’unità della sinistra alternativa e rafforzare il Partito. Sono i compiti dei Partiti comunisti della nostra epoca.

C) Uscire a sinistra dalla crisi della politica e della stessa democrazia

C.1 La costruzione ideologica della “casta “ e la utilità del PRC
Dobbiamo avere la capacità di decostruire due ordini di discorsi dominanti nel senso comune: la questione della “casta” e la critica alla forma Partito del 900, e soprattutto la capacità di rimettere in campo la diversità comunista. Il discorso più pervasivo è quello che ha messo al centro la lotta alla “casta” e allo spreco del denaro pubblico. I comunisti hanno sempre combattuto corruzione, malaffare e clientelismo. Se già Marx usava il termine casta per riferirsi a una sfera politica separata cui
1contrapponeva le misure della Comune a partire dai livelli retributivi degli eletti, è fondamentale che non sfugga l'operazione politica che si è costruita in questo ventennio e in particolare negli ultimi anni e che è stata base ideologica sia dell'incarico al "tecnico" Monti che del successo della propaganda sulla rottamazione di Renzi.
La denuncia della casta, della corruzione, dei privilegi della politica è stata usata per legittimare un'ulteriore blindatura della casta e un ulteriore saccheggio della res pubblica attraverso privatizzazioni e esternalizzazioni. Il loro utilizzo, sganciato da una effettiva discussione sulle politiche neoliberiste e la loro amplificazione mediatica, è stato lo strumento decisivo per mettere sotto scacco il “sistema dei Partiti” e far crescere la sfiducia nella politica e nella stessa democrazia. Non vengono messi in discussione i partiti responsabili dei fenomeni corruttivi, ma il ruolo dei partiti come definito nell'articolo 49 della Costituzione. Il capitalismo neoliberista considera una fastidiosa zavorra i partiti democratici e popolari di massa e si organizza attraverso forme assai più americanizzate, in cui contano il rapporto con i media, gli sponsor privati, non i corpi militanti e la partecipazione attiva dei cittadini.
La costruzione ideologica del concetto di “casta” che si è affermata nel nostro paese si fonda sull’identificazione delle responsabilità specifiche dei gruppi dirigenti, che hanno governato il paese e delle scelte da loro assunte con la stessa idea di politiche pubbliche e di democrazia. Tale costruzione ideologica contribuisce ad un rafforzamento della passivizzazione sociale. Noi siamo contro le caste, contro i gruppi dirigenti appartenenti tanto alla sfera politica quanto alla sfera economico-finanziaria che hanno portato il paese al disastro e ad esse contrapponiamo sia un’idea politica intesa come spazio collettivo e democratico, sia la centralità del concetto di pubblico.
C.2 La critica della forma partito, il rapporto Partito e movimenti Bisogna rispondere alla diffidenza pregiudiziale e all'ideologia del rifiuto della "forma-partito". Questa presa di distanza è il portato di una memoria collettiva indistinta e poco argomentata. Invece di spingere a una riflessione necessaria e indispensabile su come e cosa debba essere il partito oggi, questa ideologia e questi sentimenti diffusi e sedimentati in vasti settori di movimento hanno prodotto conseguenze negative enormi. Se in Italia non c'è una Syriza lo si deve anche a questo. La contrapposizione tra partito e movimento, tra politico e sociale, non fa altro che rendere più deboli le classi subalterne oggetto dell'attacco costante del neoliberismo. Noi non ci sentiamo maestri, ma poniamo il tema di una ricerca comune delle forme adeguate dell'organizzazione politica. Il Prc in particolare ha saputo cogliere complessivamente nel contesto dello sviluppo del movimento altermondialista la “metamorfosi del partito politico”, il superamento di uno schema basato sulla centralità del Partito nella costruzione dei conflitti, dei movimenti e dei blocchi sociali e sul ruolo marginale e subalterno delle altre soggettività organizzate, la mitica cinghia di trasmissione e la consapevolezza di agire in un campo in cui i diversi soggetti che lavorano per l’alternativa debbano riconoscersi e intrecciare relazioni orizzontali, nel rispetto delle diverse pratiche. Tale intuizione va coltivata e sviluppata. Il problema di un partito oggi rimane quello della relazione con i “movimenti sapienti”, carichi di conoscenza, in grado di avere orientamento politico e respiro strategico. La risposta rigida alla relazione partito-movimenti non è data, essa è oggetto della nostra ricerca futura, del dibattito teorico, dell'aggiornamento dell’analisi politica e della sperimentazione.

D) Quale Partito ci serve oggi?

D.1 Diversi modelli di Partito per diverse situazioni sociali e storiche della classe
Ogni modello organizzativo del Partito riflette una fase della storia del movimento operaio e una diversa configurazione della classe. Il modello mutualistico del socialismo francese e belga, quello della socialdemocrazia tedesca e della II Internazionale, quello leninista e della III Internazionale. La forma- partito non è dunque immutabile, sta alla nostra capacità orientare il necessario cambiamento del nostro partito verso la struttura più adeguata alle necessità della fase.
D.2 Il “modello italiano” del Partito comunista di massa
In Italia è stato proposto e realizzato uno straordinario modello, relativamente inedito, di “Partito comunista di massa”. Il quadro teorico-politico fondamentale di una tale forma-Partito era la prospettiva della “democrazia progressiva”, in sostanza della Costituzione antifascista, che trovava alimento reale nella partecipazione popolare alla democrazia parlamentare proporzionale e nelle esperienze di governo democratico negli enti locali. Le elezioni, per il loro significato simbolico oltre che pratico, rappresentavano per l’intero corpo di quel Partito il momento più alto, la misura concreta dell’avanzamento delle ragioni delle masse popolari o addirittura tappe dell’avanzata verso il socialismo. Tutto ciò rendeva impensabile che un proletario cosciente si astenesse dal voto, e per molto tempo nel senso comune popolare l’astensionismo o la scheda bianca furono considerati roba da fascisti .Il nesso fortissimo fra Sindacato di classe e Partito funzionava inoltre come efficace volano per una promozione continua e molecolare di quadri proletari nel Partito e viceversa.
Un fitto reticolo di associazionismo democratico, autonomo e unitario ma quasi sempre promosso direttamente dal Partito (ANPI, ARCI, UISP, UDI, etc.), permetteva ai comunisti di nuotare in un mare vivo di partecipazione. Il Partito comunista di massa è stato il più formidabile fattore di democratizzazione reale della società italiana, e non solo per il ruolo dei comunisti nella lotta antifascista e nella Resistenza.
2
D.3 Quel modello di Partito corrispondeva a una società italiana, e a una situazione della classe, che non esistono più Le modificazioni profonde della società italiana, e della nostra classe di riferimento rendono oggi impossibile quel modello di Partito. Già quando Rifondazione nacque, quel modello di Partito ereditato dal PCI si mostrava inadeguato di fronte alle modificazioni profonde della struttura produttiva e della nostra classe. Il contesto economico che lo aveva accompagnato era la società italiana del dopoguerra e poi del boom economico degli anni 60 e 70, una società impetuosamente industrializzata (sia pure in forma caotica e distorta), che vedeva il trasferimento massiccio di popolazione proletaria dal Sud al Nord del paese, la trasformazione in proletari di milioni di ex-contadini e di ex-sottoproletari, la radicale democratizzazione di strati consistenti della piccola borghesia legati alla scolarizzazione crescente; era una società che viveva nel quotidiano l’avanzata delle conquiste democratiche e di embrioni di “stato sociale”, grazie alla spinta sindacale coordinata ad un’accorta tattica parlamentare. Ora quella società italiana non esiste più, così come non esiste più la configurazione della nostra classe che a quella società corrispondeva. Tanto banale affermarlo quanto difficile trarne le conseguenze politiche e organizzative per il Partito. Se nel capitalismo fordista - che riuniva per le sue stesse necessità produttive migliaia di lavoratori in uno stesso luogo, con gli stessi orari (e gli stessi salari) - il momento soggettivo del Partito, della coscienza e dell’organizzazione, era necessario, possiamo ben dire che oggi, nell’attuale capitalismo post-fordista, tale momento soggettivo di coscienza e di organizzazione è mille volte più necessario.
D.4 Occorre un rinnovamento profondo dei Circoli del PRC e della nostra presenza nei luoghi di lavoro Il questionario ci aiuterà a capire chi siamo oggi. Siamo in parte un Partito di massa con iscritti che vengono da quella tradizione e da quel livello di impegno, ma siamo anche un Partito di quadri, spesso di movimento o di attivisti sindacali. I Circoli, che sono la base della nostra presenza e la forza territoriale che ci ha permesso di resistere e di non essere travolti dalla crisi della politica, sono anche il luogo da dove cominciare la nostra trasformazione. Il nostro Partito è stato decimato non solo dalle scissioni, dagli errori e dalle sconfitte politiche, ma ha vissuto fino in fondo la crisi che ha coinvolto “il sistema dei Partiti” e che ne ha diminuito peso e legami di massa. Il salto di qualità che ci proponiamo è affrontare il tema del radicamento, evocato in tutte le nostre passate CdO, ma perennemente rimasto nella sfera del dover essere.
Costruire il radicamento del partito significa far dialogare ed incontrare i diversi spezzoni e le diverse soggettività costruendo una lettura del mondo e una cultura politica in grado di operare per l’unificazione. La diversità comunista non significa esporre ed esibire la nostra differenza, rendere visibile un frammento tra gli altri. La nostra differenza deve essere tesa a ricomporre e far dialogare frammenti oggi divisi. Questo ci richiama alla formazione di un militante comunista che sia in grado di connettere linguaggi ed esperienze diverse all’interno di un discorso unitario, che sia in grado di svolgere una funzione di “traduttore sociale”, cogliendo gli obiettivi e gli elementi unificanti in una situazione di grande frantumazione.
D.5 La democrazia nel Partito
La cristallizzazione delle correnti ha molto danneggiato la vita interna del partito e la Conferenza deve trovare la modalità per superare questo vizio mortifero per una comunità politica. La democrazia ed il più ampio pluralismo nel partito rappresentano per noi un elemento costituente e dinamico della nostra concezione di comunismo insieme alla capacità di agire nella realtà. Bisogna creare le condizioni per una reale partecipazione democratica degli iscritti e delle iscritte a tutti i livelli e su tutte le scelte del partito della quotidianità, alla decisione sulle grandi opzioni politiche. Confermiamo la scelta congressuale che su di esse, oltre alla attivazione di una grande discussione nel partito si dia luogo obbligatoriamente per la decisione finale a referendum tra le iscritte e gli iscritti. Si ribadisce la cadenza annuale obbligatoria della assemblea nazionale dei segretari di Circolo. Ma il terreno dirimente è la gestione unitaria, la unica modalità democratica di funzionamento del partito se realizzata nelle comune volontà di realizzare la linea dei congressi.
D.6 Le giovani generazioni, la crisi e il rilancio dei Giovani Comunisti
La crisi e le ricette dell’austerità privano del futuro le giovani generazioni e le lasciano in balìa della totale precarietà. Non a caso sono i giovani e le giovani soprattutto che si ribellano e riempiono le piazze d'Europa lottando contro disuguaglianze e ingiustizia sociale. È dunque grande la cura e l’attenzione che il partito ha nel cercare di tornare ad essere punto di riferimento per le giovani generazioni. Va dunque rinsaldata e rimodulata la relazione con l'organizzazione giovanile del Partito che ora sta procedendo verso una importante Conferenza Nazionale.

E) Il muro di gomma del Partito monosessuato

Il PRC è oggi un Partito profondamente impermeabile alle culture e alle pratiche del femminismo, totalmente estraneo al dibattito e alla vita del movimento delle donne in Italia e in Europa e conseguentemente incapace di parlare alle donne. Ma il fatto più grave è che questo è frutto di un regresso, dell'abbandono di una sfida che dentro il Partito era stata aperta, cioè quella di intrecciare
3
femminismo e marxismo e che nella rifondazione comunista fosse assunta come fondativa la contraddizione di genere e come obiettivo esplicito la lotta alle forme patriarcali nella società e nella organizzazione politica. Le regole della democrazia di genere introdotte sono un piccolo passo verso una democrazia sostanziale, che riconosce la asimmetria di potere fra i generi nella società e nel Partito e vuole fare spazio alle donne, una semplice regola di civiltà. Oggi è assolutamente disattesa.
Nella CdO le donne prendendo la parola come singole e/o con contributi collettivi possono trovare il percorso che contrasti questa situazione: un primo passo che rimetta in moto le relazioni fra le compagne potrebbe essere la Conferenza delle donne del PRC.

F) Per un nuovo radicamento del Partito: la proposta del “partito sociale”

Il radicamento non è la partecipazione o il sostegno del nostro Partito alle mobilitazioni e alle iniziative di movimenti di protesta, di opposizione o di lotta; questo rappresenta sicuramente un passo in avanti rispetto alla pura azione di denuncia e propaganda, ma non basta per essere percepiti come interni, partecipi di percorsi di lotta condivisi. E' necessario stare dentro i movimenti e le lotte ed eventualmente promuoverli. Si tratta di passare dal sostegno alle lotte alla costruzione di un nostro contributo attivo e diretto alla loro organizzazione. Ogni nostro militante e tanto più ogni nostro dirigente, deve partecipare a qualcuna delle realtà di base, oppure promuoverne là dove non ce ne sono, partendo dai bisogni concreti: non si può stare nella politica senza essere interni ai movimenti reali di lotta e di trasformazione sociale. L'internità ai movimenti dei militanti comunisti è decisiva anche per superare il carattere episodico, d'opinione, esterno ai luoghi in cui si articola la struttura economica e sociale del paese, che spesso anche i movimenti rischiano di assumere, riducendosi talvolta a organizzare più spezzoni di sinistra politica che non i soggetti sociali che vivono quotidianamente le contraddizioni. Infatti il punto decisivo per chi voglia andare nella direzione della trasformazione del modello sociale è sempre l'auto- organizzazione dei soggetti sociali. Al tempo stesso il Partito non si deve “sciogliere” nei movimenti, ma svolgere un proprio ruolo di proposta e prospettiva politica, in coerenza con gli obiettivi delle lotte (un ruolo egemonico nel senso gramsciano del termine), senza ledere l'autonomia dei movimenti e dei sindacati.
F.1 Il partito sociale: le attività di mutualità e di sostegno della lotta popolare per la sopravvivenza Il liberismo ha creato una vasta area di disperazione sociale. Il Partito si deve misurare con questa situazione, anche sostenendo nell’immediato la lotta popolare per la sopravvivenza. Le pratiche solidaristiche e mutualistiche: forme di auto-organizzazione del comune oltre il mercato. Costruire forme stabili di “Comune sociale” anche nel conflitto con le istituzioni locali. Il “partito sociale” non è un settore di lavoro fra gli altri, è la forma che tutto il PRC intende assumere, perché è il modello di partito che corrisponde alla situazione attuale della nostra classe di riferimento. Più in generale la pratica del partito sociale deve porsi l'obiettivo di produrre esperienze di auto-organizzazione concreta alternative alla distruzione dello stato sociale e di avviare processi di crescita della coscienza collettiva. Si tratta insomma di costruire nella società, nel vivo dei conflitti, forme permanentemente autorganizzate e autogestite (consiliari, si sarebbe tentati di dire), embrioni reali della democrazia diretta e partecipativa, che sole possono contrastare le logiche pervasive dell'impresa. Per un partito comunista tutto ciò significa socializzare la politica nella consapevolezza che anche il compito di riannodare i fili disgregati dall'offensiva neoliberista passa per una riappropriazione della politica da parte delle soggettività sociali popolari, come snodo decisivo per la ripresa del cammino verso il socialismo.

G) Differenziare i diversi livelli del Partito anche per “funzione”

Non sembra razionale, né corrispondente ai nostri attuali mezzi, che ogni istanza presenti, più o meno in miniatura, le medesime responsabilità di tutte le altre senza legami con l'intervento e la presenza nel conflitto. Meglio concentrarsi su alcune priorità e indirizzare su queste in modo strutturato le nostre forze. Si apre a questo proposito uno spazio di innovazione e di sperimentazione, di cui forniamo – come contributo alla discussione – alcuni esempi possibili.
Il regionale potrebbe essere incaricato del rilancio, ricostruzione o fondazione ex novo delle situazioni territoriali, può svolgere più adeguatamente la funzione della formazione perché le singole federazioni non hanno la massa critica necessaria per garantire iscrizioni, partecipazione e continuità. Il livello della Federazione potrebbe essere invece quello in cui si concentra in prevalenza la “funzione- inchiesta”; anche il livello Nazionale – ferme restando le responsabilità statutarie del CPN e della Direzione – non è detto che debba accentrare a Roma tutte le responsabilità.

H) Il Partito non è un Ministero: lavorare per progetti

Non corrisponde alle nostre attuali esigenze una struttura rigida del nostro apparato. Le attuali “aree” non sono rigide, ma poi nel funzionamento delle competenze che a loro si riferiscono finiscono per riprodurre i vecchi Dipartimenti, a cui molto spesso non corrisponde più alcuna filiera effettiva nel corpo vivo Partito. Questo presenta inconvenienti: la mancanza di collegialità, la impossibilità per il Partito di condividere e diffondere il sapere specialistico maturato in quel determinato settore di lavoro e la impossibilità per il/la
4
compagno/a di evitare la propria fossilizzazione iper-specialistica; la tendenziale mancanza di verifica del lavoro politico svolto; la inamovibilità di fatto di quel/quella dirigente. Noi proponiamo l’abbandono definitivo di queste pratiche per passare dalla logica burocratica e ministeriale dei Dipartimenti (per giunta virtuali) alla logica politica e rivoluzionaria del “lavorare per progetti”. La parola chiave dei progetti è la verifica del lavoro svolto. I Comitati politici devono recuperare un ruolo di reale direzione politica del partito, coinvolgere tutte le energie per una effettiva gestione collegiale, discutere e decidere su questioni concrete, fare il bilancio del lavoro svolto, verificare le responsabilità e il lavoro del gruppo dirigente, insomma saper attivare il lavoro collettivo ed una proficua dialettica in tutto il Partito. La prima indicazione è di promuovere in ogni Federazione (o comunque in ogni territorio omogeneo) il “Coordinamento dei/lle lavoratori/trici comunisti/e” come luogo di discussione e promozione dell'iniziativa del Partito sui temi del lavoro, della precarietà e della disoccupazione, e sulla questione sindacale, per individuare una linea di intervento comune, al di là delle diverse appartenenze sindacali.

I) La Formazione e l’Autoformazione politica nel PRC

I.1 L’importanza della Formazione politica per l’autonomia politica e culturale della nostra classe
La classe dominante dedica enorme attenzione, grandi sforzi, e cospicui investimenti, alla formazione ideologica delle masse, e specialmente alla conformazione del loro “senso comune” e alla passivizzazione. La nostra attività di lotta su questo terreno decisivo incontra dunque molte difficoltà a partire dalla spaventosa sproporzione dei mezzi a disposizione. Per noi dunque anche la cultura diventa una cosa seria solo se appartiene tendenzialmente a tutti/e come uno strumento della propria auto-liberazione. Il Partito in sé dovrebbe essere in ogni momento luogo di formazione, ma esiste una cultura e un sapere specifico che dobbiamo curare pena il pressapochismo e la sciatteria. I comunisti e le comuniste del XXI secolo debbono impadronirsi di questa grande nostra tradizione culturale, che è fatta di esperienza politica, di filosofia, di economia, di sociologia, che è fatta di storia, ma anche di arte e di letteratura, ed è molto importante che lo facciano: noi veniamo da lontano, e andiamo lontano. Quindi la Formazione politica deve diventare un impegno continuativo ed organizzato di tutto il Partito, volto al rafforzamento dell’autonomia culturale e al rinnovamento dei gruppi dirigenti attraverso la creazione continua di nuovi quadri.
I.2 Alcune proposte per un sistema di Formazione e Autoformazione
Già il momento della prima iscrizione al Partito dovrebbe essere segnato da un momento iniziale di formazione, si potrebbe pensare per esempio a “Feste del tesseramento” caratterizzate dalla consegna del Manifesto del Partito comunista ad ogni nuova/o iscritta/o :questo farebbe capire ai/alle neo-iscritti/e che con la tessera comunista essi/e entrano a far parte di una grande storia. Ad a ogni livello di responsabilità nella vita del Partito dovrebbe corrispondere un momento di studio e di Formazione, con periodicità perlomeno annuale. Grande potrebbe essere l’apporto che può venire anche dall’esterno del Partito, da parte di intellettuali di orientamento comunista o di sinistra che siano disposti a mettere a disposizione del Partito le loro preziose competenze nei campi più svariati (Forum permanenti di intellettuali comunisti? “Comitati Scientifici” da costruirsi ai diversi livelli?), con una capacità di far circolare documenti, articoli, video, lezioni, ecc. a partire da uno specifico sito del Partito.

L) L'autofinanziamento

Il punto fermo è la nostra scelta di mantenere il Partito che abbia un centro ed una articolazione territoriale, rafforzando, riorganizzando e riqualificando la nostra presenza e la nostra azione ed il nostro conseguente radicamento. Da qui occorre partire analizzando la situazione attuale, ponendoci obiettivi, tempi e strumenti per raggiungerli.
L.1 Alcuni dati su cui ragionare
-Entrate da finanziamento pubblico passate da circa 16 milioni di euro del 2008, a 15 mila euro, come penultima tranche del co-finanziamento che sarà del tutto azzerato nel 2016; -Tesseramento: dai 71.000 iscritti conteggiati nel 2008 ai 23.500 nel 2013; -tenuta del nostro radicamento territoriale, 120 federazioni ed oltre 1.000 circoli;
-una consistenza numerica media delle Federazioni tra i 200 ed i 300 iscritti; -il peso enormemente aumentato della tassazione sugli immobili di proprietà; -la necessità di far fronte ad una situazione debitoria accumulatasi sia nei territori che nazionalmente; -la riduzione drastica dei funzionari sia centrali (da 110 al livello nazionale nel 2008 ai 19 di oggi, tutti in CIG) che territoriali (regionali e/o di Federazione); -la chiusura del quotidiano “Liberazione” e l’attuale mancanza di forme di comunicazione/informazione/ scambio, del Partito.
L.2 4 passi da compiere e gli obiettivi da raggiungere entro i prossimi 24 mesi 1) TESSERAMENTO: obiettivo almeno 20.000 iscritti nel 2015, applicando le nostre regole che
5
prevedono una quota minima annua di 20 euro/anno, di cui 5 come quota nazionale ed i restanti 15 ripartiti (con decisione degli organismi dirigenti) tra Circolo, Federazione e Regionale. 100.000 euro di entrate dal tesseramento sono realisticamente raggiungibili;
2) RID: almeno 1.400 compagne/i (iscritte/i e/o sostenitori) in Italia che, compilando apposito RID contribuiscano per 10 euro/mese. Da qui dovrebbero essere garantiti circa 160.000 euro/anno; il RID garantisce l'entrata costante e consente la programmazione delle spese e delle attività.
3) VERSAMENTI da parte di PARLAMENTARI, CONSIGLIERI, ASSESSORI, DETENTORI DI VITALIZI grazie all'elezione a rappresentanti istituzionali del PRC: l'obiettivo è di dare applicazione piena alle regole per il versamento dell'indennità di carica (cosa che avviene pienamente fin dall'inizio dell'incarico per la nostra unica parlamentare europea) e/o del vitalizio raggiungendo così 100.000 euro di entrate annue.
4) Il 2 PER MILLE (o 5 per mille) e le detrazioni fiscali (26%). Attendiamo la applicazione della Legge in vigore che ci consenta di poter essere iscritti all' "Albo dei Partiti" con la possibilità per ogni contribuente, nella Dichiarazione dei redditi, di indirizzare a favore del PRC il versamento da parte dello Stato del 2 per mille dell'imponibile del sottoscrittore (per ogni sottoscrittore possiamo con cautela prevedere in media 10 euro di entrate a favore del Partito). E' ipotizzabile un risultato di 100.000 euro all'anno.
L.3 Come garantire la nostra azione/agibilità oggi, mentre lavoriamo per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissi
Bisogna raggiungere gli obiettivi quanti/qualitativi nel tempo indicato: entro le fine del 2016 arrivare ad un bilancio di 300/350.000 euro completamente autofinanziato conseguendo l'autonomia finanziaria e organizzativa del Partito. Gestire in modo accurato il patrimonio immobiliare equilibrando vendite, apertura di nuove sedi, utilizzo di sedi per produrre reddito e iniziativa politica allargata, divisione chiara delle responsabilità di gestione fra nazionale e sedi locali.
L.4 Dalla CdO e dalle “buone pratiche” già in atto vengano nuove proposte
E' importante diffondere le buone pratiche che già hanno cambiato il volto del nostro partito. La conferenza è una occasione per conoscerle, discuterle e perfezionarle.

M) Non c'è comunità senza comunicazione

Il tema della comunicazione è imprescindibile per il nostro Partito: in questa fase è enorme il gap tra potenzialità della nostra linea politica e possibilità di farli entrare nel dibattito pubblico e di orientare . Alla totale mancanza di risorse economiche dobbiamo sopperire con la valorizzazione di tutte le competenze e le intelligenze di cui disponiamo La nostra presenza sul web e attraverso i social network può essere notevolmente rafforzata e qualificata facendo tesoro delle esperienze più avanzate della sinistra radicale e dei movimenti europei. In questi mesi abbiamo definito le condizioni per il ritorno online della nostra storica testata per restituire alla nostra comunità e alla sinistra tutta uno strumento essenziale e uno spazio di discussione, elaborazione, analisi, racconto dei fatti e battaglia delle idee.
  
REGOLAMENTO IV CONFERENZA di ORGANIZZAZIONE NAZIONALE PRC 2015

approvato dal CPN del 20-21/12/2014
1. La Conferenza di Organizzazione si articola in: Conferenze di Circolo, di Federazione, Regionali e Nazionale. ‘Le conferenze di circolo avranno luogo tra il 14 febbraio e il 7 marzo, quelle di Federazione tra l’8 e il 21 marzo, quelle Regionali tra il 22 marzo e il 4 aprile, quella Nazionale dall’11 al 12 aprile 2015.’ (*)
2. Le platee delle Conferenze di circolo, di federazione, regionali e nazionale devono consentire e facilitare il coinvolgimento del corpo largo del partito, delle sue articolazioni nonché delle compagne e dei compagni impegnati nei movimenti. Vi partecipano tutte le iscritte e tutti gli iscritti 2014 e le/i nuove/i iscritte/i al circolo entro il 30 gennaio 2015. Le platee devono tener conto del pluralismo interno nel rispetto della democrazia di genere (almeno il 40% di presenza di ciascun sesso ma tendenzialmente il 50%).
3. Alle Conferenze di circolo, di federazione, regionale e nazionale viene posto in discussione e al voto il documento approvato dalla Direzione nazionale, che verrà reso pubblico tramite il sito del PRC, come anche documenti e/o contributi presentati da compagne e/o compagne/i del Comitato Politico Nazionale (CPN) e/o del Collegio Nazionale di Garanzia (CNG). Sul sito del partito vengono altresì pubblicati gli altri contributi eventualmente elaborati dalle istanze previste dallo Statuto. La Direzione nazionale elegge una “Commissione nazionale” per il regolare svolgimento della Conferenza in tutte le sue fasi e per la verifica e la corrispondenza delle platee ai criteri fissati dal presente Regolamento.
4. Conferenza di Circolo: va preparata e pubblicizzata almeno 7 giorni prima del suo svolgimento con comunicazione scritta individuale (tramite lettera, email, altre modalità) con indicazione di data, orari e modalità di svolgimento della Conferenza. Devono essere resi noti il testo del documento sottoposto a consultazione, gli atti allegati nonché eventuali contributi che il circolo ha elaborato per la propria realtà. La Conferenza di circolo è aperta da una relazione della/del segretaria/o che illustra il documento approvato dalla Direzione nazionale e sottoposto a consultazione e al voto. La conclude l’intervento del compagno o della compagna indicato/a dalla federazione. Nel dibattito possono intervenire tutte/i le/gli iscritte/i al circolo, nonché le/i componenti del CPF e del CFG della propria federazione o quelli del CPN e del CNG. Le Conferenze di circolo sono aperte al contributo e all’intervento delle realtà esterne, di associazioni, realtà di lotta, rappresentanze dei lavoratori e delle lavoratrici, dei comitati con i quali si intrecciano rapporti nel territorio. Ogni iscritta/o del circolo può presentare documenti, ordini del giorno e/o proporre modifiche, integrazioni, arricchimenti al documento sottoposto a consultazione. Tutti i documenti e i contributi approvati vengono trasmessi alla Conferenza di federazione e sottoposti alla valutazione della Commissione nazionale. Anche i documenti non approvati vengono messi a conoscenza della Commissione nazionale.
5. Conferenza di Federazione: ne fanno parte il CPF, il CFG, il Coordinamento dei/delle giovani comunisti/e, i/le segretari/e dei circoli, i/le tesorieri/e e/o i/le responsabili di organizzazione dei circoli, compagne e compagni - individuati/e dal CPF – impegnate/i in organismi di massa, associazioni, movimenti, esperienze di vertenze, le/gli elette/i al Consiglio provinciale, comunale e di municipio o di circoscrizione. Il CPF stabilisce un riequilibrio per garantire il rispetto della differenza di genere e del pluralismo interno. La Conferenza di federazione è aperta da una relazione della/del segretaria/o che illustra il documento approvato dalla Direzione nazionale e sottoposto alla consultazione e al voto. La conclude l’intervento del compagno o della compagna indicato/a dalla Commissione nazionale. Elegge nel suo seno una Commissione politica per elaborare un documento finale anche in relazione a un approfondimento per la propria realtà territoriale. Nel dibattito possono intervenire anche le/i componenti del CPN e del CNG. Le Conferenze di federazione sono aperte al contributo e all’intervento delle realtà esterne, delle associazioni, dei comitati con i quali si intrecciano rapporti nel territorio. Ogni componente la platea della Conferenza può presentare documenti, ordini del giorno e/o proporre modifiche, integrazioni, arricchimenti al documento sottoposto a consultazione. Tutti i documenti e i contributi approvati vengono trasmessi alla Conferenza nazionale e sottoposti alla valutazione della Commissione politica nazionale e al voto delle Conferenze medesime, mentre i documenti respinti vengono messi a conoscenza della Commissione politica nazionale.
6. Conferenza regionale: è composta dal CPR e dal CRG, dalle/dai componenti il Coordinamento regionale delle/dei Giovani Comuniste/i, dalle/dai segretarie/i e tesoriere/i delle federazioni, da compagne e compagni individuate/i dal CPR impegnate/i in organismi di massa, associazioni, movimenti, esperienze di vertenze, elette/i nel consiglio regionale. Il CPR stabilisce un riequilibrio, ai fini di garantire il rispetto della differenza di genere e del pluralismo interno. La Conferenza regionale è aperta da una relazione del/della segretario/a che illustra il documento approvato dal CPN e sottoposto alla consultazione e al voto. E' conclusa dall’intervento del compagno o della compagna indicato/a dalla Commissione nazionale.Elegge nel suo seno una Commissione politica per elaborare un documento finale anche in relazione a un approfondimento per la propria regione. Nel dibattito possono intervenire tutte/i le/i componenti del CPN e del CNG. Le Conferenze regionali sono aperte al contributo e all’intervento delle realtà esterne, delle associazioni, dei comitati con i quali si intrecciano rapporti nel territorio. Ogni componente la platea della Conferenza può presentare documenti, ordini del giorno e/o proporre modifiche, integrazioni, arricchimenti al documento sottoposto a consultazione. Tutti i documenti e i contributi approvati vengono trasmessi alla Conferenza nazionale e sottoposti al voto delle conferenze e alla valutazione della Commissione politica nazionale; i documenti respinti vengono messi a conoscenza della Conferenza nazionale.
7. Conferenza nazionale: è composta dal CPN e dal CNG, dalle/dai componenti il Coordinamento nazionale delle/dei giovani comuniste/i, dai/dalle segretari/e delle federazioni e regionali, dagli/dalle organizzatori/organizzatrici e dai/dalle tesorieri/e regionali, compagne e compagni individuate/i dalla Direzione impegnati/e in organismi di massa, associazioni, movimenti, esperienze di vertenze, gli/le eletti/e al Parlamento europeo, ai consigli regionali. A questi/e si aggiungono un/una rappresentante per le federazioni superiori ai/alle 300 iscritti/e, due per quelle superiori ai/alle 500 iscritti/e, indicati/e nelle rispettive conferenze di Federazione. La Commissione nazionale ha il mandato di prevedere una specifica modalità di partecipazione al percorso della Conferenza di organizzazione per gli/le iscritti/e all’estero, inoltre stabilisce un riequilibrio della platea ai fini di garantire il rispetto della differenza di genere e del pluralismo interno. La Conferenza nazionale elegge nel suo seno una Commissione politica con il compito di valutare tutti i contributi e i documenti pervenuti dalle Conferenze delle precedenti istanze, di valutare eventuali proposte avanzate dalle/dai partecipanti alla Conferenza nazionale, nonché di elaborare una proposta finale da sottoporre alla platea.
******************************************************************* (*) Date così modificate dalla Direzione nazionale del 7 febbraio 2015.

 Per leggere il DOCUMENTO COMPLETO DELLA CONFERENZA PRC 2015 cliccare il link in basso