lunedì 20 ottobre 2014

PRC TOSCANA: ROSSI DEMOLISCE LA SANITA' TOSCANA

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Tagli alla sanità. Sgherri e Vangieri (PRC Regionale): “Renzi demolisce i diritti nel lavoro, Rossi la sanità toscana."

Tagli alla sanità. Sgherri e Vangieri (PRC Regionale): “Renzi demolisce i diritti nel lavoro, Rossi la sanità toscana: se non è zuppa è pan bagnato.”

Firenze, 20 ottobre. Il governatore Rossi che pure 10 giorni fa si proponeva, sulla sua pagina facebook, quale strenuo e appassionato difensore del servizio sanitario nazionale, tanto da affermare che l'attacco alla sanità pubblica: “proviene da settori privati che vogliono invadere il servizio sanitario nazionale”, evidentemente  pensava alla sua Toscana dove grazie a fior fior di delibere, della sua Giunta, oramai pezzi di sanità pubblica, come gli esami  diagnostici e le visite specialistiche, sono stati regalati al privato.
Ma, il governatore, nel suo video intervista di alcuni giorni orsono continua dicendosi furioso  al fatto che “se qualcuno pensa che la sanità pubblica possa diventare il borsellino per risanare le casse dello stato si sbaglia”, aggiungendo “che si deve pur levare una voce nazionale  a difesa del Servizio Sanitario Nazionale…ecc. ecc.".
Certo non la sua,  visto che dieci giorni dopo il governatore Rossi per fare cassa pensa di dare un colpo mortale all'universalismo del servizio sanitario proponendo un superticket sulle cure ospedaliere, per capirci le operazioni chirurgiche, anche quelle urgenti e oncologiche. E non basta! Starebbe anche pensando di rivedere le esenzioni per patologia e forse qualche livello essenziale integrativo che la Toscana ha sinora garantito.
Il superticket colpirebbe i “super ricchi”, a partire da un reddito superiore ai  50mila euro lordi individuale e familiare (tanto per capirci  una famiglia composta da un lavoratore dipendente e un precario!). Come dire i soliti noti: principalmente i lavoratori dipendenti e i pensionati, vale a dire quelli che le tasse e i contributi sanitari sicuramente li pagano.
Persino su “Repubblica” ci si interroga su chi ci assicura che il ticket introdotto, oggi –aggiungiamo, con la peggior demagogia-, per le fasce di reddito medio alte non venga esteso, domani, sull'altare della contabilità dello Stato, anche alle fasce sociali meno abbienti, e teme, in questa operazione, lo smantellamento del sistema di welfare portato sin dentro al cuore della sanità…e sembra avvertire il governatore  che la sanità non può essere il terreno del revanscismo sociale.
La verità, al di là del populismo di facciata -in cui si scomoda persino Enrico Berlinguer, che chiaramente si starà “rivoltando nella tomba”, è che  quello che sta veramente accadendo da qualche anno in questa Regione è il graduale smantellamento del sistema pubblico dei servizi, tra cui quello sanitario, e il progressivo traghettamento di pezzi fondamentali di prestazioni e servizi al privato sociale e non. Dall'altra parte della riva, in felice attesa, le assicurazioni private.
Noi pensiamo, ci sia un unico modo per garantire, dal punto di vista finanziario, il nostro servizio sanitario e la sua universalità ed è quello della fiscalità generale progressiva. Il resto rappresenta solo la mistificazione populista per fare esattamente il contrario: smantellarlo!


Monica Sgherri  Consigliera regionale rifondazione Comunista

Daniella Vangieri responsabile regionale PRC Sanità e Sociale

domenica 19 ottobre 2014

STOP TTIP. RIBELLIAMOCI!

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Innanzitutto cosa vuol dire TTIP? E' un acronimo inglese con cui ci riferiamo ad un “partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti”, vale a dire un accordo di libero scambio tra gli USA e l'Unione Europea che, probabilmente, entrerà in vigore entro il 2015.
E' un trattato ancora in fase di negoziazione tra le grandi potenze, ma il fatto più allucinante è che è un accordo secretato, discusso cioè solo tra i governi degli Stati interessati senza che ne siano stati messi a conoscenza gli altri schieramenti politici, ma soprattutto i cittadini comuni i quali, ora che ne sono venuti a conoscenza tramite fonti di informazione non filtrate e movimenti sociali di protesta, giustamente sono a chiedere maggiore trasparenza.
Sostanzialmente, sono accordi di libero scambio di beni e servizi ambientali con cui si vorrebbe eliminare completamente tutte le barriere “non tariffarie”,  cioè le leggi che limitano la piena libertà d'investimento e i profitti potenzialmente realizzabili dalle società multinazionali con sede in Paesi al di qua e al di là dell'Oceano Atlantico. Questa è la definizione prettamente economica a loro uso e consumo, ma in un'ottica sociale ed ecologica, tali barriere rappresentano le norme dettate a tutela dei diritti dei lavoratori e dei cittadini, alla salvaguardia dei beni comuni, a garantire determinati standard di  sicurezza alimentare e alla tutela dell'ambiente e della dignità sociale. Per cui, se il trattato entrasse effettivamente in vigore, tutte queste forme di tutela  verrebbero meno a beneficio esclusivo delle multinazionali che a tal punto farebbero il bello e il cattivo tempo sul mercato senza organi di controllo e giudizio esterni.
Ebbene sì, perchè un altro punto saliente del TTIP è proprio la creazione di un tribunale internazionale privato a cui una multinazionale potrebbe rivolgersi per far condannare e multare  “in nome del primato della proprietà e della concorrenza” quegli Stati che decidono di non adeguarsi  non rinunciando  alle  loro norme a tutela dell'ambiente, del lavoro, della sanità e della scuola pubblica.
Con il TTIP si vuole in pratica arrivare alla totale privatizzazione con il solo scopo di incrementare i guadagni dei grandi centri economici (senza preoccuparsi di arrecare pregiudizi alla sicurezza ambientale ed alimentare, alla scuola, alla sanità e al lavoro) e alla cancellazione della sovranità popolare degli Stati membri che saranno così piegati ai ricatti e alle pretese delle multinazionali.
Con l'approvazione di questo trattato tutte le vittorie ottenute dopo anni di battaglie sociali fino ad ora nel nostro Paese in materia di  tutela dell'acqua, dell'ambiente, dei diritti del lavoro, della sanità e della scuola pubblica verrebbero vanificate.
Il fatto che ci lascia più allibiti è che l'Italia, grazie al governo destrorso di Renzi, vuole accelerare la firma di questo trattato e di altri sostanzialmente simili con gli stessi obiettivi, come ad esempio il CETA (lo stesso accordo ma siglato tra UE e Canada) e il TISA (l'accordo sui servizi) senza coinvolgere minimamente la popolazione e le istituzioni socio-politiche che ad ogni livello la rappresentano in modo da far conoscere loro i termini e le conseguenze di tali negoziati e dar quindi loro la possibilità di esprimersi in merito.
Il fatto importante è che, nonostante tutto, i cittadini di tutta Europa, grazie appunto ai vari movimenti di consumatori e ai mezzi di informazione alternativa, ne stanno venendo comunque a conoscenza, avvertendone la pericolosità più sociale che economica, e stanno dando vita a forme di protesta e di mobilitazione per esprimere il loro dissenso.  Un esempio è la Campagna #StopTTIP che si sta diffondendo nonostante la completa segretezza dei negoziati e il silenzio più totale della stampa italiana.
Con la speranza di riuscire come 15 anni fa a bloccare l'AMI (Accordo Multilaterale sugli Investimenti) avente gli stessi obiettivi del TTIP.
Rifondazione Comunista di Piombino si unisce alla campagna contro la firma del Trattato, dicendo NO TTIP!

martedì 7 ottobre 2014

LAVORO E ART 18: ADESIONE PRC PIOMBINO A INIZIATIVA LAVORATORI ALLA ROTONDA DELLA SOL



Il Circolo di Rifondazione Comunista di Piombino "V. Corallini" aderisce all'iniziativa intrapresa da alcuni lavoratori presso la rotonda della SOL in difesa dell'articolo 18.
I comunisti appoggiano da sempre manifestazioni, anche spontanee, di chi ha il coraggio di rivendicare i propri diritti.
Vorremmo che anche il Sindacato, in questo momento di grande difficoltà della classe operaia, tornasse concepire il proprio ruolo in maniera più conflittuale e meno concertativa.

I LAVORATORI IN PIAZZA CI VANNO E RIFONDAZIONE COMUNISTA E' CON LORO !!

sabato 4 ottobre 2014

TROPPI EQUIVOCI SUL CARBONE

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Ormai da troppo tempo si rincorrono le voci sull’eventualità della costruzione di una centrale a carbone all’interno dell’area industriale delle acciaierie, ma purtroppo non si sa ancora niente di preciso. Soprattutto, quale sarebbe l’opinione dell’amministrazione di fronte ad una possibilità del genere, lo veniamo a sapere dal Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, il quale ha dichiarato che “ha fatto bene l’amministrazione comunale a dare la disponibilità per la realizzazione di una centrale nello stabilimento a servizio della fabbrica”.
La posizione più ricorrente, tra i più vicini alla maggioranza che governa questa città, è quella di richiedere un dibattito approfondito, scevro da pregiudizi e che analizzi in maniera laica l’opportunità di avere energia a basso costo, posti di lavoro etc.
Abbiamo raccolto un po’ di informazioni, e, con tutte le riserve del caso, attesa l’obiettiva mancanza dei criteri necessari a fornire una posizione definitiva, ci sentiamo però di fare già delle considerazioni ben precise su due problematiche che risaltano chiaramente, una di ordine tecnico e l’altra di tipo politico.
SUL PIANO TECNICO emergono subito vari equivoci, per non dire falsità, fra le notizie finora diffuse.
Stando a queste, dovrebbero costruire una centrale da 900 megawatt alimentata a carbone nella zona vicina all’altoforno, o in quella subito al di là della Cornia Vecchia. Dovrebbero essere impiegate 1500 persone per la costruzione e poi 5-600 per il funzionamento.
Appaiono esagerate le previsioni di 5-600 posti di lavoro. Si pensi che 30 anni fa, ai tempi della discussione sul raddoppio e riconversione a carbone della centrale Enel di Tor del Sale a 2560 MW, si prevedevano 1200-1500 impiegati per la costruzione e poi 300 per il funzionamento. E’ difficile credere che dopo 30 anni di progressi tecnologici nel campo dell’automazione, un centrale 3 volte più piccola impieghi più di 100/200 lavoratori. Di sicuro 5-600 appare una cifra esagerata, buttata lì per fare demagogia.
Anche sulla costruzione è tutto da dimostrare un vasto impiego di lavoratori provenienti dai 4000 lasciati a casa in seguito alla chiusura delle acciaierie.
Riteniamo che anche sulla realizzazione in sé si facciano illazioni con troppa superficialità. L’area interessata è altamente inquinata e non crediamo che basti una semplice bonifica per accogliere una struttura come quella in parola. L’edificazione di una centrale termo elettrica prevede l’innesto nel terreno di fondamenta fino a 36 o 45 metri con le colonne di cemento armato, e fino a 6 metri con la massicciata. Un lavoro estremamente impegnativo da fare in zone inquinate in cui non si sa cosa potrebbero riservarci gli escavi.
Il completamento dei lavori arriverebbe sicuramente vicino ai 10 anni, almeno in queste condizioni.
La centrale a carbone viene anche associata, come un complemento fruttifero, al forno COREX di cui si auspica la costruzione, perché questo sarebbe estremamente energivoro e quindi, la vicinanza di una centrale capace di produrre energia a basso costo, sarebbe strategica. Anche questa è una parziale verità, idonea a produrre mistificazione. Il Corex ha effettivamente bisogno di una grande quantità di energia elettrica, ma una volta entrato in produzione produce a sua volta gas che, come succedeva per l’altoforno, può essere impiegato nelle varie centrali interne all’area industriale per produrre energia elettrica, a costi bassissimi e non semplicemente bassi, e così alimentare il forno Corex in un circuito virtuoso.
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SUL PIANO POLITICO si registrano indecisioni inaccettabili. Se, come non è per quanto detto sopra, la centrale a carbone fosse funzionale e complementare al forno Corex, appare irrazionale metterne in discussione la costruzione prima ancora che sia certa la realizzazione del nuovo impianto di produzione dell’acciaio. Stiamo assistendo ad un percorso progettuale esattamente inverso a quello logico ed ideale. Prescindiamo anche dal fatto che, visti i tempi di costruzione, il Corex sarebbe in funzione alcuni anni prima della centrale e quindi, atteso il circuito virtuoso di autoproduzione di energia, non necessiterebbe dell’alimentazione proveniente dalla centrale. Ma resta comunque sconcertante che si vada a ragionare di carbone senza che nessuno abbia ancora fornito un progetto vero sulla nuova acciaieria ed in questo non possiamo mancare di censurare l’indecisione dell’attuale amministrazione che si limita ad assistere al dibattito in corso tra il Commissario Straordinario di Lucchini spa in amministrazione straordinaria, i nuovi potenziali compratori e i soggetti competenti a livello centrale (a partire dalla Commissione sui servizi e le bonifiche), senza diventarne parte essenziale.