domenica 4 maggio 2014

Manifesto dei comunisti per Tsipras


Noi comuniste e comunisti ci riconosciamo nell’analisi e negli obiettivi fissati nell’APPELLO CONGIUNTO PER LE ELEZIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO[i] promosso nell’ambito del GUE a Bruxelles da PCP (Portogallo), AKEL (Cipro) e PCE (Spagna), a cui hanno aderito il PRC e il PdCI per l’Italia ed altre forze comuniste e di sinistra europee come il PCF, Izquierda Unida, il Partito Comunista di Boemia e Moravia, Die Linke, il Bloco de Esquerda portoghese e altri.
Come afferma questo appello, siamo convinti infatti chel’Unione Europea (UE) sta attraversando una profonda crisi in quanto espressione del sistema capitalista e delle sue contraddizioni. Una crisi approfondita dalle politiche di decenni a favore del grande capitale, della finanziarizzazione dell’economia, della circolazione incontrollata dei capitali, della liberalizzazione dei mercati, delle privatizzazioni, degli attacchi ai servizi pubblici, della crescente accumulazione di capitali e dell’incremento dello sfruttamento.
Queste politiche sono state promosse tanto dalle forze politiche della destra e dell’estrema destra, così come dai partiti dalla socialdemocrazia. E continuano oggi anche coi governi di “unità nazionale” o delle “larghe intese”, tra i partiti del PPE e quelli del PSE, in quei paesi dove il consenso per le classi dominanti non è sufficiente per imporre le politiche di austerità. Per lo stesso motivo si blindano le democrazie fin qui conosciute in forme neo-autoritarie e con leggi elettorali sempre più antidemocratiche.
A tutela degli interessi del grande capitale finanziario e contro la democrazia, scendono in campo direttamente le grandi banche d’interesse (come la statunitense JP Morgan) che chiedono esplicitamente la cancellazione delle Costituzioni antifasciste di paesi come Italia, Spagna, Grecia e Portogallo considerando queste Costituzioni un ostacolo all’integrazione economica capitalista in quanto garantirebbero un’eccessiva tutela ai diritti dei lavoratori.
L’Unione Europea ha ormai dimostrato la sua natura di mera integrazione monetaria tra le potenze capitaliste dell’area, funzionale solo agli interessi dei maggiori gruppi monopolisti. Così come la crisi del capitalismo mette in evidenza i limiti storici del sistema, la crisi dell’Unione Europea dimostra che l’UE non è riformabile nella sua essenza, in quanto struttura neoliberista e militarista.
Un’altra Europa è possibile solo con un cambiamento radicale dei fondamenti su cui la UE è stata costruita. La UE è infatti oggi un’istituzione a-democratica in cui il Parlamento non ha nessun reale potere esecutivo, poiché in cui le decisioni vengono prese in organismi non eletti (anche se ora formalmente si eleggerà il presidente della Commissione la sostanza non cambia) prima di essere imposte dai governi nazionali sulle teste delle classi lavoratrici e dei popoli dei paesi membri, e non solo.
La UE è oggi solo un’istituzione necessaria al capitale finanziario per tentare di limitare la concorrenza interna, a favore dei paesi più forti, e per essere competitivi nei confronti delle altre potenze mondialiSostanzialmente si tratta di un’alleanza traballante tra imperialismi e sub-imperialismi per i quali una vera confederazione sovra-statuale risulta oggi “impossibile”, perché non possono unirsi del tutto politicamente, per lo meno senza l’imposizione di un dominio delle potenze più forti, ma anche “reazionaria”,perché le uniche due cose su cui riescono a trovare sintonia è l’attacco alle masse salariate al proprio interno e il sostegno alle politiche di ingerenza e guerrafondaie verso l’esterno, come dimostra il caso del sostegno al golpe in Ucraina appoggiato da forze neo-naziste.
Come sottolinea l’appello dei partiti comunisti e della sinistra appartenenti al GUE, di fronte alla crisi l’UE promuove il finanziamento delle grandi banche, la trasformazione del debito privato in debito pubblico e il suo uso come strumento di dominio economico e politico; scatenando una violenta offensiva contro i diritti dei lavoratori e i diritti sociali e intensifica il suo percorso neoliberista e militarista – che è determinato dagli interessi dei grandi gruppi economico-finanziari e dagli Stati dominanti.
Di conseguenza, l’Unione Europea promuove la concentrazione del potere politico nelle mani di un pugno di potenze, rafforza la mancanza di democrazia, il predominio degli Stati dominanti e la divisione in Europa tra un centro “ricco e dominante” e una periferia “impoverita e dominata”.
Questa offensiva impone una regressione sociale di proporzioni storiche, che si riflette chiaramente nei tagli brutali a salari, pensioni e allo stato sociale; nell’aumento della disoccupazione e del lavoro precario – con conseguenze drammatiche per i giovani; in un accesso sempre più restrittivo alla sanità, all’istruzione, al diritto all’abitare; nell’incremento della povertà e dell’esclusione sociale; nel trattamento degli immigrati come potenziali criminali.
Questa offensiva, che è accompagnata da attacchi ai diritti sociali conquistati e, spesso, sanciti nelle Costituzioni nazionali, restringe altri diritti e libertà come i diritti sindacali, i diritti di associazione, di manifestazione e di partecipazione democratica. La democrazia, la sovranità nazionale, il diritto allo sviluppo economico e sociale sono minacciati dai “memorandum d’intesa” della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del FMI, che incrementano lo sfruttamento e impongono relazioni di tipo coloniale, fomentando le disuguaglianze e uno sviluppo asimmetrico, e che portano ad istituzionalizzare e perpetuare il processo di approfondimento dell’Unione Economica e Monetaria.
Sono queste politiche che spianano la strada a nazionalismi reazionari, al razzismo e alla xenofobia, alla rinascita di forze di estrema destra e fasciste che furono sconfitte dalla lotta dei popoli nel XX secolo.
La politica della UE conferma le sue ambizioni come blocco imperialista politico-militare, subordinato alle politiche della NATO e, di conseguenza, degli USA, sostiene l’interventismo militare, la corsa agli armamenti ed è caratterizzata da un atteggiamento di dominio nel mondo, come testimoniano i suoi specifici tipi di accordi commerciali, le sue operazioni di ingerenza e aggressione contro paesi sovrani e il recente Accordo Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti firmato tra gli Stati Uniti e l’UE.
I problemi ambientali e di uno sviluppo sostenibile sono messi in secondo piano, la UE promuove politiche che, mentre nascondono le cause reali della crisi ambientale e impediscono una soluzione reale, cercano di aumentare i benefici dei grandi gruppi economici.
Il percorso della UE e delle sue politiche è consacrato nei suoi differenti Trattati, nel “Patto di Stabilità”, nella strategia “Europa 2020”, negli obiettivi della “Governance Economica”, nelle linee guida del “Semestre Europeo”, nel Fiscal Compact, tutti strumenti basati sulla deregolamentazione economico-finanziaria.
Siamo profondamente convinti che questa strada che si sta imponendo alla classe lavoratrice e ai popoli non è inevitabile. Come dimostrato nella realtà di altri continenti, i processi di cooperazione e integrazione progressiva sono possibili, rispettando i diritti e le aspirazioni dei popoli.
Noi affermiamo che un diverso percorso è possibile per l’Europa. Il primo passo in questa direzione è una rottura profonda con le politiche della UE, con il neoliberismo e il militarismo e con la concentrazione e centralizzazione del potere nelle mani del gruppo delle grandi potenze.
Nel nostro paese il governo Renzi-Alfano ha già dichiarato fedeltà assoluta ai dettami della Troika e la prosecuzione delle politiche di austerità col rispetto dei rigidi vincoli e parametri della UE.
Per difendere posti di lavoro e salari, occorre quindi costruire un ampio e duraturo movimento di lotta e disobbedienza contro i diktat della BCE e i vincoli euro-monetaristi che stanno strozzando milioni di lavoratori, di giovani precari, di disoccupati e di pensionati a basso reddito.
Per fare questo non servono aggregazioni politiche che ambiscano a fare la “sinistra” del centrosinistra, sempre più puntello in Italia e in Europa delle politiche della BCE. Al contrario – come in Grecia, in Francia o in Portogallo –l’esistenza e la visibilità di un partito comunista autonomo e la rottura con le linee politico-economiche dei partiti del PSE sono la pre-condizione per darsi un profilo realmente alternativo e per la crescita di una forte coalizione della sinistra antiliberista ed anticapitalista che chiuda la strada ai rigurgiti delle risposte nazionaliste. Questo è possibile ponendo su un piano di solidarietà internazionale la lotta per un’alternativa di sistema che non può esistere dentro i rigidi vincoli monetaristi del sovra-nazionalismo finanziario della BCE.
Come sostiene l’APPELLO CONGIUNTO PER LE ELEZIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO invitiamo quindi i lavoratori e le lavoratrici, i giovani, le donne e in generale i popoli degli Stati membri della UE a dare, nelle prossime elezioni per il Parlamento europeo, un’espressione elettorale alle forti lotte che stanno combattendo, condannando le forze politiche che sono responsabili delle politiche antisociali e antidemocratiche dell’UE e appoggiando chi, come i firmatari di questo appello, sono accanto a loro nella lotta, per dare voce in Parlamento alle loro aspirazioni, richieste e proteste e che rappresentano una reale alternativa per l’Europa.
Vogliamo portare una voce delle lotte nelle aule del Parlamento Europeo per gridare la nostra opposizione alle politiche di massacro sociale e ai meccanismi di dominio del capitale finanziario quali Fiscal Compact, MES, Six Pack, Two Pack, TTIP e tutti i trattati-capestro decisi nelle Commissioni europee e avallati dalla UE.
Per favorire la ricomposizione di questo ampio fronte di resistenza politica e sociale all’austerity, nel nostro paese sosteniamo da comunisti e con le nostre parole d’ordine questi obiettivi nella lista “L’Altra Europa con Tsipras”.
Per questi motivi chiediamo di appoggiare in questa lista, con un voto di preferenza, le candidature che faranno sentire la presenza dei comunisti e delle comuniste aderendo al GUE-NGL (la sinistra nel parlamento europeo) e che si opporranno alle politiche dei governi liberisti tanto del PPE che del PSE (di cui fa parte il PD), indicando un’alternativa netta al modello dominante e contrastando l’avanzata delle destre fasciste e reazionarie.
I parlamentari europei eletti con la lista “L’Altra Europa con Tsipras” non possono e non devono aderire al gruppo del PSE, quello stesso che ci ha imposto finora le politiche della BCE, spesso in cogestione con il PPE, portando all’attuale catastrofe sociale.
Il trasformismo ha già fatto abbastanza danni al movimento comunista e alle classi lavoratrici italiane ed europee! Con il voto di preferenza possiamo impedirlo!
Senza nessuna ambiguità quindi votiamo la lista “L’Altra Europa con Tsipras”:
- per un partito comunista per l’oggi e per il domani,
- per i candidati comunisti nella lista “L’Altra Europa con Tsipras”,
- al Parlamento Europeo nel GUE e in alternativa a PPE e PSE,
- contro le politiche liberiste della troika UE-BCE-FMI e i governi che le sostengono.
Indichiamo quindi la nostra preferenza unicamente per i candidati comunisti presenti nella lista che possono garantire questa posizione politica.





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