Ci siamo forse scordati che il 1°
maggio 2014 venne consegnato a
Rossi , in un tripudio di applausi, simbolicamente lo scovolino con cui era
stato spento l’altoforno con l’auspicio che tornasse a riconsegnarlo per la
riaccensione? Noi non ce lo siamo scordato, come non ci siamo scordati che la
riapertura dell’area a caldo era quello per cui abbiamo lottato fino alla fine.
Detto questo, abbiamo aperto un credito a Cevital che ha manifestato
l’intenzione ( e tuttora siamo a intenzioni visto che il piano industriale
dettagliato è latitante) di produrre acciaio con i forni elettrici, di diversificare
costruendo un impianto agro industriale etc etc. Adesso Cevital vuole
riaccendere l’altoforno, per noi va benissimo ( anche la Germania apre
altoforni mentre noi li chiudiamo, quindi perché no?), ma ci chiediamo: in che
condizioni sono gli impianti spenti da circa un anno?, quali tutele ambientali
e di sicurezza ci sono per gli operai e la cittadinanza? Come si concilia la ripartenza
dell’area a caldo con l’impianto agroindustriale che lì doveva essere
costruito? Cevital bisogna decida che fare da grande, se vuole investire
sull’altoforno lo faccia, ma ci
deve dire come, perché e per
quanto tempo, oppure prosegua per la sua strada, ma anche in questo caso
dicendo come e perché. Si fa notare che nel frattempo continuano la solidarietà
e la cassa integrazione, quest’ultima, per i dipendenti delle Ditte, pagata un
mese sì e quello dopo non si sa.
Né i lavoratori né i cittadini sono pedine su una dama.
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